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Il professor Cardi non amava gli animali, e probabilmente nemmeno il suo lavoro.
Andrea Marsi l’aveva sospettato fin dalla prima ora di scienze naturali tenuta dall’insegnante. In seguito, con il trascorrere delle settimane, mentre quasi tutto il resto della quarta B del liceo scientifico Galileo Galilei di Poppi si persuadeva del contrario, il suo sospetto si era trasformato in convinzione.
Sfogliando il testo di chimica nella sua camera, Andrea pensò che quell’uomo aveva un lato storto, un qualcosa di nascosto difficile da afferrare. Una volta, durante una lezione di anatomia dei mammiferi, gli era sembrato di cogliere nello sguardo del professore un barlume di sadismo, ma era stato solo un attimo.
Subentrato quell’anno al vecchio titolare di scienze, chimica e geografia, Cardi aveva detto alla classe di provenire da un liceo fiorentino dove aveva insegnato per un lustro da precario. Secondo Andrea la gentilezza del professare era al limite dell’ipocrisia e, forse perché demotivato o distratto, a volte gli sfuggiva qualche tipica, stupida espressione di superiorità che tanti cittadini credono di possedere rispetto agli abitanti di provincia. I suoi colleghi parevano oscillare tra l’indifferenza e la tolleranza, molti studenti invece lo deridevano alle spalle senza scrupolo.
Alto e magro, col cranio calvo che terminava a cuspide, gli occhi obliqui amplificati dalle spesse lenti degli occhiali, per alcuni suoi allievi – verso i quali si era dimostrato oltremodo severo – il professor Cardi era semplicemente i’ Serpe.
«’Affanculo i’ Serpe e la chimica», borbottò Andrea, e gettando il libro sul letto uscì per andare all’allenamento di basket. (continua)
– Il resto sarà pubblicato su carta –